Un libro pergamenaceo
come prezioso reperto archeologico, le cui immagini si riferiscono
al mito greco, dalle pagine compilate
con una scrittura apparentemente criptica (in realtà la
nostra lingua scritta con caratteri greci) e ironica allusione
alla confusione dei linguaggi e dei segni, è l’installazione
posta al centro del nuovo ciclo pittorico di Gino Fossali.
Il libro poggia sopra un tripode stilizzato, fuso
in oricalco, riproduzione simbolica del tripode di Delfi da dove
la Pythia, profetessa di Apollo,
pronunciava i suoi oracoli. In luogo del bacino è posto
un tubo catodico, simbolo inquietante di nuovi poteri e minaccioso
schermo-monitor di comunicazione globale.
Dal fondo del tubo catodico si attorciglia il Pitone, custode dell’oracolo
antico, simbolo delle forze sotterranee (ctonie), che abitavano gli Inferi,
ucciso dalle frecce di Apollo.
Immergersi nel mito è sentito dall’artista come bisogno di esplorare
la realtà di superare e risolvere le contraddizioni della natura, contatto
tra l’uomo e l’universo, costituisce il desiderio di indagare nelle
nostre radici più antiche, di trovare una risposta ai problemi esistenziali
di sempre e oggi agli inquietanti interrogativi di questo inizio millennio.
Dove mistero e fato dominano su sicurezza e ragione, dove gli inganni di nuovi
oracoli sembrano asservire l’uomo, dove processi tecnologici avanzati
sfuggono al suo controllo e la comunicazione del villaggio globale rischia
di renderlo più solo e isolato.
… Ecco perché la fascinazione del mito, il ritrovarci immersi in
ciò che eravamo, alle origine del pensiero e di ogni espressione artistica.
… Nel ciclo pittorico della Pythia Gino Fossali propone
immagini antiche e attuali, mescolando in un gioco allusivo di forme e colori
la rievocazione
di antichi riti, immutabili nella loro ripetitività, speculari alle odierne
passioni e ansie esistenziali ove nulla è da capire se non calandoci nel
gioco di un’antica recita, mascheramento rituale, dove solo dopo la catarsi
si possa realizzare la concordanza del sentire universale.
… Dal Tripode, al libro, ai quadri, eccoci magicamente calati in un percorso
di immagini, di grande suggestione pittorica, che si intrecciano intono al più famoso
santuario e centro di potere del mondo antico: Delfi, l’ombelico del mondo
(omphalos), designato da Zeus come sede del santuario di Apollo, dove il dio,
in lotta con il serpente Pythone, stabilisce il nuovo ordine universale. Qui
la Pythia, in stato di estasi, assisa sul tripode sacro, pronunciava i suoi responsi,
velati di ambiguità, parole trascritte e interpretate dai sacerdoti che
davano le risposte talvolta in versi e talvolta in prosa. Accorrevano i consultanti
(theoprópoi) che tra sacrifici e purificazioni (pagata la consultazione),
ascoltavano gli oracoli della Pythia che così poteva influenzare destini
di popoli e genti, di re e imperatori, decidendone le loro sorti.
…“A me la lira e l’arco ricurvo e rivelerò agli
uomini gli infallibili disegni di Zeus” esclama Apollo appena
uscito dal grembo di Letò (Inno omerico ad Apollo).
Al culto di Apollo, che rappresentava
non soltanto la preveggenza, ma era anche protettore delle arti,
quando, nei mesi invernali,
lasciava Delfi per volare verso gli Iperborei, si sostituiva il
culto di Dioniso, dio del vino e della danza, dio che “scioglie
le membra”, dio che liberava le donne dalla schiavitù maschile
che, diventate sue seguaci abbandonavano la casa per diventare
menadi (baccanti). A Delfi e in tutta la Grecia si celebravano
le Dionisiache o Dionisie, feste con riti consacrati all’amore
e alla fecondità: danze, libagioni, cortei mascherati e
ditirambi (forma corale greca) che furono all’origine del
teatro (commedia, tragedia e dramma satiresco).
“…Queste cose non avvennero mai,
ma sono sempre…” Ed è proprio
indagando il passato, cercando tra le rovine le testimonianze delle
arti, che possiamo trovare gli strumenti che ci permettono di interpretare
il percorso degli eventi e di rappresentarci il presente.
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