La Phytia
di Gabriella Prosdocimi
La Pizia e il mito dell'arte
di Giorgio Segato
LA PYTHIA
 
La Pythia
di Gabriella Prosdocimi


Il sovrano che ha il suo oracolo
a Delfi non rivela la verità né la nasconde,
soltanto ne dà i segni.

ERACLITO
 

Un libro pergamenaceo come prezioso reperto archeologico, le cui immagini si riferiscono al mito greco, dalle pagine compilate con una scrittura apparentemente criptica (in realtà la nostra lingua scritta con caratteri greci) e ironica allusione alla confusione dei linguaggi e dei segni, è l’installazione posta al centro del nuovo ciclo pittorico di Gino Fossali.
Il libro poggia sopra un tripode stilizzato, fuso in oricalco, riproduzione simbolica del tripode di Delfi da dove la Pythia, profetessa di Apollo, pronunciava i suoi oracoli. In luogo del bacino è posto un tubo catodico, simbolo inquietante di nuovi poteri e minaccioso schermo-monitor di comunicazione globale. Dal fondo del tubo catodico si attorciglia il Pitone, custode dell’oracolo antico, simbolo delle forze sotterranee (ctonie), che abitavano gli Inferi, ucciso dalle frecce di Apollo.
Immergersi nel mito è sentito dall’artista come bisogno di esplorare la realtà di superare e risolvere le contraddizioni della natura, contatto tra l’uomo e l’universo, costituisce il desiderio di indagare nelle nostre radici più antiche, di trovare una risposta ai problemi esistenziali di sempre e oggi agli inquietanti interrogativi di questo inizio millennio. Dove mistero e fato dominano su sicurezza e ragione, dove gli inganni di nuovi oracoli sembrano asservire l’uomo, dove processi tecnologici avanzati sfuggono al suo controllo e la comunicazione del villaggio globale rischia di renderlo più solo e isolato.
… Ecco perché la fascinazione del mito, il ritrovarci immersi in ciò che eravamo, alle origine del pensiero e di ogni espressione artistica.
… Nel ciclo pittorico della Pythia Gino Fossali propone immagini antiche e attuali, mescolando in un gioco allusivo di forme e colori la rievocazione di antichi riti, immutabili nella loro ripetitività, speculari alle odierne passioni e ansie esistenziali ove nulla è da capire se non calandoci nel gioco di un’antica recita, mascheramento rituale, dove solo dopo la catarsi si possa realizzare la concordanza del sentire universale.
… Dal Tripode, al libro, ai quadri, eccoci magicamente calati in un percorso di immagini, di grande suggestione pittorica, che si intrecciano intono al più famoso santuario e centro di potere del mondo antico: Delfi, l’ombelico del mondo (omphalos), designato da Zeus come sede del santuario di Apollo, dove il dio, in lotta con il serpente Pythone, stabilisce il nuovo ordine universale. Qui la Pythia, in stato di estasi, assisa sul tripode sacro, pronunciava i suoi responsi, velati di ambiguità, parole trascritte e interpretate dai sacerdoti che davano le risposte talvolta in versi e talvolta in prosa. Accorrevano i consultanti (theoprópoi) che tra sacrifici e purificazioni (pagata la consultazione), ascoltavano gli oracoli della Pythia che così poteva influenzare destini di popoli e genti, di re e imperatori, decidendone le loro sorti.

…“A me la lira e l’arco ricurvo e rivelerò agli uomini gli infallibili disegni di Zeus” esclama Apollo appena uscito dal grembo di Letò (Inno omerico ad Apollo).

Al culto di Apollo, che rappresentava non soltanto la preveggenza, ma era anche protettore delle arti, quando, nei mesi invernali, lasciava Delfi per volare verso gli Iperborei, si sostituiva il culto di Dioniso, dio del vino e della danza, dio che “scioglie le membra”, dio che liberava le donne dalla schiavitù maschile che, diventate sue seguaci abbandonavano la casa per diventare menadi (baccanti). A Delfi e in tutta la Grecia si celebravano le Dionisiache o Dionisie, feste con riti consacrati all’amore e alla fecondità: danze, libagioni, cortei mascherati e ditirambi (forma corale greca) che furono all’origine del teatro (commedia, tragedia e dramma satiresco).

“…Queste cose non avvennero mai, ma sono sempre…” Ed è proprio indagando il passato, cercando tra le rovine le testimonianze delle arti, che possiamo trovare gli strumenti che ci permettono di interpretare il percorso degli eventi e di rappresentarci il presente.

Gabriella Prosdocimi Fossali
 

 

La televisione

La grecità, il mito:
il pensare, il fare…
l’esistere…
l’immutabile tra abissi di tempo
e di spazio,
tra sofisma e tubo catodico
nulla è cambiato
se non il mezzo
all’orizzonte non è ancora apparso l’uomo

Gino Fossali, febbraio, 1992