Nel 1965, a due anni dalla tragedia, Gino Fossali, allora ventitreenne, espone alla Galleria Internazionale di Venezia un importante ciclo di lavori.
Il giovane pittore cadorino che viveva a Milano dal 1960, nella catastrofe del Vajont ha perduto amici e compagni di studi: la tragedia gli appare più lucida, dopo averla sperimentata di persona. Lavora intensamente per due anni: inizia e conclude una serie di lavori, presentati in questa rassegna veneziana, e che, oggi, a distanza di quasi 51 anni, appaiono straordinariamente significanti.
Scrive Fossali nel catalogo della mostra: “…per un’analisi meditata della nostra condizione umana, delle contraddizioni di una società sviluppatasi tecnologicamente senza curare lo sviluppo di nessun presupposto etico.
“I risultati si possono vedere a Longarone, ma le vittime siamo tutti noi.
“A Longarone hanno pagato col sangue, noi paghiamo con un tragico inadattamento”
E ancora, con la straordinaria preveggenza dell’artista:
“ Il Vajont non è un fatto isolato, non il primo né l’ultimo”
Il pittore, certo non estraneo alle avanguardie del ‘900 e soprattutto all’espressionismo mitteleuropeo, manifesta il suo senso panico del colore nell’organizzazione del quadro, con un’accensione e una forza tragica e visionaria che si traducono in una espansione emozionale in cui dolore e angoscia si uniscono con straordinaria intensità. Anche i disegni, caratterizzati da un segno molto personale, sottile, fermo, tagliente, esprimono una lucida, allucinata espressività.
L’artista accompagna i suoi lavori con una poesia carica di emozione e dolore, ma sopratutto di fiera denuncia nei confronti dei responsabili della catastrofe di Longarone.
Gino Fossali (Pieve di Cadore, Bl, I 1940-2002 St Etienne, F) |